Bagno di folla per la festa più pazza dell’anno, il Martedì Grasso del Carnevale 2016 a Bosa per “S’Attittidu e Giolzi”, che segna la chiusura del “Carrasegare Osincu”, uno dei carnevali tipici della Sardegna, caratterizzato dalla satira e da un gusto grottesco, che ogni anno richiama tantissimi visitatori, coinvolgendo tutta la comunità Bosana.
I festeggiamenti iniziano una settimana prima del giovedì grasso, e questo periodo prende il nome di “Lardazholu” o “Laldaggiolu”, momento in cui gruppi di persone in maschera girano per le strade del centro di Bosa, irrompono nelle case altrui per la questua con la domanda retorica “Sa Palte Cantare?” (sapete cantare?), per poi intonare canti satirici come i “Gosos” o i “Trallalaera” in cambio di doni e cibo per l’organizzazione culinaria della festa di carnevale che entra nel vivo durante i quattro giorni successivi il giovedì grasso, in particolar modo per la Festa delle Cantine il sabato, un’iniziativa promossa attraverso la compartecipazione dei viticoltori locali che offrono ai partecipanti vini e piatti tipici del luogo e il martedì grasso con “S’Attittidu e Giolzi” dove le maschere “nere” presenti la mattina si cambiano in “bianco” durante la Sera simboleggiando la fine del “Carrasegare Osincu”.
Così ogni anno nel giorno di martedì grasso, sin dalle prime ore del mattino, i visitatori invadono le vie del centro dove sono presenti le maschere “Attittadoras”, vestite da donna in nero come le anziane in lutto, con il viso ricoperto di fuliggine e tra le mani il loro bambolotto lattante morente, chiedendo pietose e con gran voce alla gente non in costume “Unu tichiricheddu de latte”, un goccio di latte per sfamarlo.
Queto perchè, secondo l’antica tradizione, la notte prima del martedì grasso, le donne, in giro per partecipare a dei balli e con il loro figlioletto solo in casa, al rientro in casa la mattina, alla vista del loro pargolo moribondo, si precipitano subito in strada con il loro bambino chiedendo latte alla gente per farlo riprendere.
Una scena molto divertente all’insegna dell’ironia e con “battute oscene” con riferimenti a quanto fatto dalla donna durante i balli della notte prima.
Col calare delle tenebre la maschera nera de “S’Attittidu” viene sostituita definitivamente da quella bianca detta “Giolzi”, la maschera del buio, composta da una tunica bianca ricavata da un lenzuolo e una federa come copricapo, che simboleggia le anime del carnevale morente, vaganti nella scorribanda gioviale, alla ricerca di “Giolzi”, il pupazzo re del divertimento, che morirà alla fine bruciato in mille roghi sparsi ovunque.
E’ sempre bello tramandare ciò che ha portato momenti di allegria per tanti anni, soprattutto in questi nostri tempi che ne hanno tanto bisogno.
Viva il Carnevale!
Foto Salvatorangelo Piredda